Il tema della valanga di Utp e Npl che si sta per abbattere sui bilanci delle banche dopo lafine della moratoria e il ripristino del calendar provisioning continua a tenere banco tra gli addetti ai lavori.
“Da gennaio le regole sui finanziamenti e sulla possibilità di considerare deteriorato un credito si restringeranno invece di allargarsi come sarebbe normale in un periodo di crisi. Un’azienda in ritardo di 500 euro, una sciocchezza, viene considerata in default. Bisogna intervenire su queste regole, soprattutto se le difficoltà derivano da fattori esterni”. Lo ha detto chiaro ieri Giuseppe Castagna, amministratore delegato di Banco Bpm, nel suo intervento a un panel della Financecommunity Week. Il governo “deve darci indicazioni sulla prosecuzione della manovre che hanno attutito la crisi del Covid19, tra moratorie e finanziamenti garantiti, ma è importante che anche a livello europeo ci venga consentito di intervenire”, ha aggiunto Castagna.
Ricordiamo che sul calendar provisioning i banchieri centrali e le autorità di vigilanza hanno detto chiaro negli ultimi mesi che non vedono ragioni per ritardare il ritorno all’applicazione della norma che richiede che le banche svalutino entro tempi precisi i loro crediti deteriorati. Il calendar provisioning, si ricorda era stato sospeso la scorsa primavera nell’ambito del pacchetto di misure adottate dalla Bce per rispondere all’emergenza Covid-19 (si veda altro articolo di BeBeez). Ma ora, dicono i banchieri centrali, è tempo di tornare alla normalità. Così si sono espressi uno dopo l’altro, intervenendo a convegni o rilasciando interviste ai giornali, Yves Mersch, membro dell’executive board e vicepresidente del supervisory board della Bce; il presidente dell’EBA, José Manuel Campa; il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco; e Andrea Enria, a capo della vigilanza della Bce (si veda altro articolo di BeBeez). Con buona pace del direttore generale di ABI, Giovanni Sabatini, e dell’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, che invece hanno espresso un’opinione completamente opposta (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo poi che dalla scorsa primavera sono state chieste moratorie su 300 miliardi di euro di crediti, per i quali la moratoria è scaduta a fine settembre. Non è dato sapere al momento quanti di questi crediti si trasformeranno in Utp o addirittura in Npl, ma l’aspettativa del mercato è che questo accadrà a una buona fetta delle aziende coinvolte. Per questa ragione molti investitori specializzati stanno ragionando sull’opportunità di andare a rifinanziare quei debiti in questa finestra temporale.
Corrado Passera, ceo e cofondatore di Illimity, ha sottolineato il ruolo che in questo quadro hanno le bad bank nazionali: “Hanno svolto un ruolo fondamentale a livello europeo, perché sono intervenute dove il mercato non ce la faceva”. Ma con un caveat: “Esiste anche un mercato funzionante di servicer e ristrutturazioni (le Amco private), che la bad bank pubblica (l’Amco pubblica) non deve indebolire o spiazzare, portando a un enorme rischio sui conti dello Stato. Bisogna attirare investitori in questo settore, non mandarli via. Il pubblico deve intervenire solo dove c’è fallimento di mercato”.
Anna Tavano, Head of Global Banking Italy di Hsbc, ha suggerito al governo di non giocare solo in difesa, ma anche in attacco. “Le aziende italiane dopo il coronavirus non scompariranno, ma potrebbero essere preda di scalate ostili e/o aggregate ad altre aziende straniere, come già avvenuto per molti marchi della moda. Per impedirlo, il governo deve favorire le aggregazioni in Italia ed Europa”.
Fabrizio Pagani, Global Head of Economics and Capital Markets Strategy di Muzinich & Co., è ottimista: “Vediamo ora una ripresa a forma di K, dove alcuni settori vanno molto bene (come il manifatturiero) e altri in caduta libera (servizi, soprattutto piccoli esercizi commerciali di turismo e intrattenimento). L’Italia sta dimostrando una capacità di rimbalzo per vitalità di imprenditori e pmi italiane, che vediamo riflessa su esportazioni e operazioni straordinarie e di aggregazione. Capiremo meglio la situazione quando finiranno le misure di galleggiamento implementate dal governo, presumibilmente a fine primavera. Quel che è certo è che le imprese italiane sono più attrezzate e mature rispetto alla crisi del 2008, perché le aziende sopravvissute a quella crisi sono per definizione più robuste e perché i provvedimenti governativi per rafforzare le aziende italiane per renderle più internazionali e aperte agli investimenti stanno sortendo effetto”.
fonte: bebeezCompila il form e per richiedere informazioni o una consulenza